Una identità a metà

L’identità si costruisce dal momento della nascita e si alimenta di tutte le esperienze con cui il soggetto si rapporta.
Si respira l’affetto dei genitori e dei parenti, ma il rapporto con la famiglia e le ingiunzioni genitoriali costruiscono la persona. Ogni parola che si ascolta rimane nell’intimo provocando una reazione molto spesso inconscia. Ad esempio, se un bambino cresce in una famiglia in cui si sente sempre dire “stupido, incapace”, quella persona, senza esserne cosciente, si comporterà da stupido; sentirà sempre dei disagi, incapacità a compiere dei compiti, incapacità di essere all’altezza delle aspettative dei propri genitori. Importante, quindi, il retroscena della storia di ogni persona per comprendere i vuoti e le mancanze che hanno spinto ad avere una determinata reazione. Ciò che molto spesso ostacola questa liberazione dell’IO è il risentimento verso la persona che ci ha fatto soffrire. Per i giovani e anche non giovani, c’è un atteggiamento di ribellione verso i propri genitori che vengono considerati o cattivi o incapaci. Anche se questo potrebbe essere una reazione normale, è, invece, sconveniente perché porta al giudizio e non alla comprensione di un rapportarsi che non applica le proprie potenzialità.
Per formare una identità c’è bisogno non solo di chi insegna “la vita” ma anche di valori di riferimento a cui attingere alimento e il sentirsi accettati e guidati.
Lo psicologo Erikson sostiene infatti che l’identità si costruisce sulla base di valori, ideali, norme, principi, idee-guida largamente condivisi dalla comunità e quando questo è condiviso e accettato, ne consegue socializzazione e un buon sviluppo psicologico; Erikson fa presente che molte forme di devianza hanno origine da difetti di comunicazione e di socialità.(1)
Il riferimento ai valori e agli ideali è un atto di libertà, argomento di cui tratteremo in seguito.
Quando la famiglia non è in grado di dare sicurezza, affetto ed ideali, si crea nell’intimo di ognuno un vuoto che rende incapaci di essere se stessi, E’ un vuoto che, innanzitutto è assetato di Amore, di riconoscimento, di incoraggiamento, di aiuto poiché si sente il peso della immaturità e viene spontaneo cercare di riempire quel vuoto, di avere un’autostima del proprio IO, di dar senso al proprio essere e, quando non si trovano i modelli, si segue ciò che offrono gli altri. Così se un genitore non è mai presente e non dà se stesso si seguono le false immagini di mascolinità e femminilità che offrono sia i mass media che i vari movimenti.
L’assenza del genitore fa sentire la solitudine con il conseguente bisogno di comunicare, mentre, invece, la televisione è sempre là al suo posto pronta a dare pseudovalori al solo scopo di incrementare il commercio; stessa finalità che hanno le sétte a scapito della vera intenzionalità del giovane. Infatti, Erikson afferma: “L’identità individuale si forma attraverso le dinamiche affettive, emotive ed intellettive che scaturiscono nel rapporto esistente tra l’IO e l’Altro e più è intenso il loro rapporto più tali dinamiche incidono sulla personalità del soggetto. Durante l’infanzia, ad esempio, la forte conflittualità, la disistima, la disconferma ed in genere tutti gli atteggiamenti ‘screditanti’ trasmessi dai genitori al figlio (o da altre figure affettive di riferimento) minano in modo significativo la sua autostima al punto da determinare il costituirsi di un’identità negativa”. (2)
Prendiamo ad esempio un gruppo di ragazzi che commettono dei crimini, molto spesso sono etichettati perché nocivi alla società, ma viene da chiedersi perché quel ragazzo ha commesso il crimine. A prescindere dalle varie motivazioni, l’atteggiamento scatenante è un abbassamento della propria autostima che si alzerebbe commettendo il crimine perché ci si sente capaci di fare qualcosa che gli altri non fanno e si diventa oggetto di interesse da parte di personalità ‘particolari’, è come un bambino che si fa menare dai propri genitori per essere ‘toccato’, cioè per avere quel contatto mancante fatto di carezze; il bambino accetta il ceffone che per lui, in quel momento, diventa una carezza; meglio un ceffone che l’indifferenza.

________________________

(1) G Manca – Disagio, emarginazione e devianza nel mondo giovanile – Bulzoni Ed. pag.24
(2) Idem

Massimo Giletti – Barbara Sciarra
condividi su